Settembre 2006

Una traversata più che un viaggio: Macao, Hong Kong, Cina, Vietnam, Cambogia e Thailandia. Centinaia di chilometri per compiere questo itinerario che avevo progettato da tanto tempo.

Viaggiare per il mondo sta diventando sempre più facile e la filosofia del volo aereo low cost si sta espandendo a macchia d’olio, ormai si può volare così anche nel Sud Est Asiatico. La compagnia Oasis ha appena inaugurato un volo economico da Londra a Hong Kong e anch’io non mi sono lasciato scappare l’occasione: con Air Asia, nuova compagnia della Malaysia ho volato da Bangkok a Macao ad un prezzo ridicolo.

 

Macao

Solo due ore di volo e poi eccomi nell’ex colonia portoghese restituita alla Cina nel 1999, che per cinquanta anni godrà d’ampia autonomia, e conserverà un ordinamento economico, politico e giudiziario separato, in base al principio: "Un Paese, due sistemi", già sperimentato con Hong Kong. L’aeroporto è sull’isola di Taipa e si atterra su una striscia di terra, su una pista artificiale che lambisce l’oceano: metri e metri di terra strappati al mare. Ci si potrebbe chiedere come mai Macao possiede un aeroporto, perché ha una superficie di appena 26 chilometri quadrati, costituiti da un pugno di terra e dalle isole di Taipa e Coloane.

E’ tutto merito delle fiches, infatti, la città è un gigantesco casinò, che continua a crescere ed espandersi grazie alla liberalizzazione della legge sul gioco d’azzardo. Ci sono 24 casinò, sette dei quali hanno aperto i battenti quest’anno e i tavoli da gioco sono 2.700. L’ingresso degli investitori americani ha permesso di costruire mastodontici casinò e dal 2002 è finito il monopolio sulle case da gioco, esercitato per 40 anni dal dottor Stanley Ho, uno degli uomini più ricchi del pianeta, secondo quanto riportato dalla rivista americana Forbies. Girano strane storie su Stanley Ho che con il suo gruppo, la Sociedade de Turismo e Diversoes de Macau, aveva detenuto il monopolio dell’azzardo fin dal dopoguerra, ma la sua condanna del massacro di Piazza Tiananmen nel 1989 e le voci che lo vedevano fra i finanziatori di un'operazione per portare al sicuro fuori dal Paese, alcuni studenti ricercati dalla polizia per il loro impegno politico, lo portarono a perdere il monopolio dei tavoli verdi.

Per giocare, la gente arriva da tutta la regione: soprattutto nei fine settimana da Shenzen, Canton e Hong Kong, così i prezzi degli alberghi s’impennano nei week – end, per poi scendere nei giorni lavorativi. Una delle differenze fra Macao e Las Vegas sta nelle preferenze dei giocatori: qui le slot machines non sono granché popolari, sono i tavoli di baccarat ad essere sempre gremiti d’avventori, che bevono tè cinese e rimangono seduti fin quando non hanno speso fino all’ultima fiche. Gli affari vanno così bene che nell’ottobre del 2006 l'ex colonia portoghese, ha superato per la prima volta il giro d'affari di Las Vegas, di oltre 20 milioni di dollari.

Il cielo è nuvolo e la città, ricca di case basse con facciate scrostate e trasandate, non si presenta sotto il suo aspetto migliore. Ma quando il sole fa capolino, queste facciate slavate dalle tinte pallide e color ocra, che un tempo risplendevano nei loro colori originali giallo oro o rosa salmone trasformano Macao in un’allegra città un po’ naif. Anche la selva di condizionatori che abbruttisce le facciate delle case, sembra meno deturpante. Il bello e la magia di questo posto, come a Goa o a Lisbona sta in questi quartieri decadenti che se sapientemente ristrutturati, perderebbero molto del loro fascino. C’è Largo do Senato, una piazza che sa di vecchia Europa e di Portogallo, con le case dai colori pastello, la chiesa barocca di São Domingos dal colore del miele, la “pharmacia popular”, le case coloniali e l’acciottolato dai motivi geometrici in bianco e nero.

Lo stesso discorso non vale per la parte moderna della città, dove casinò e alberghi crescono come funghi. Spuntano canteri sovrastati da gru sempre in movimento dove si lavora 24 ore al giorno, che spazzano i quartieri della vecchia Macao con la forza di una colata lavica. Una volta c’era solo l’hotel Lisboa dalle forme bizzarre e un po’ demodé, un edificio cilindrico arancione che è il simbolo della città, sede del casinò più famoso, ormai diventato uno dei tanti. Ma al calare della sera è tutta un’altra musica, perché a questo grigiore si sostituisce un orgasmo di luci e Macao risplende come una Las Vegas d’Oriente. Migliaia di lampadine colorate illuminano le facciate dei casinò, le luci inghiottono le tenebre e non riconosci la notte dal giorno. Le sale da gioco sono sfavillanti di luci, assomigliano a piccole Versailles con atri faraonici, lampadari di cristallo, stucchi e lucidi marmi alle pareti e ai pavimenti. L’oro caratterizza gli interni e più oro c’è, più sono importanti le sale dove giocano i vip, mentre i comuni mortali si devono accontentare di fumose sale con pavimenti dall’anonima moquette.

Alberghi e casinò sono dedali degni di un Teseo del XXI secolo. Labirintici contenitori con lussuosi negozi, ristoranti, saune e beauty center dove si esercita il più antico mestiere del mondo, con decine di prostitute che passeggiano su e giù per i lunghi corridoi. Hanno un portamento che per l’ancheggiare ed il camminare ricorda le sfilate di moda: tra luci e specchi vanno avanti e indietro con piglio indaffarato e deciso. Non si fermano mai, ma se intuiscono uno sguardo interessato, si parano davanti al possibile cliente che, o mercanteggia, o decide di fuggire spaventato. Sembrano tante Pretty Woman dagli occhi a mandorla, alla ricerca di un principe azzurro dalle tasche piene.

Per la notte non ho scelto nessun hotel casinò, ma il Vila Universal, una sistemazione dignitosa e centrale, per ovviare alla stanchezza e all’umidità al 79%, situata in una via dal nome beneaugurate “Rua de Felicidade”, una traversa di “Avenida de Almeida Ribeiro”, la strada principale della città. L’indomani ho percorso Rua dos Mercadores e Rua de São Paulo, affollate da gruppi di gitanti cinesi, una succulenta preda per i negozianti di carne secca agrodolce e di dolciumi. E’ una zona ricca di botteghe che vendono dolci dalle forme strane e dai mille ingredienti, che vengono preparati dai pasticceri sotto gli occhi di tutti, soprattutto biscotti bene auguranti che riportano ideogrammi dall’oscuro significato. Gli avventori affollano volentieri i negozi, per poi uscirne con grandi borse colme d’acquisti.

Assaggio dopo assaggio, sono arrivato alla chiesa di São Paulo, l’edificio più fotografato di Macao, un tempo considerato il maggior monumento cristiano dell’Asia, di cui oggi è rimasta solo la facciata. Fu costruita nel XVII secolo e dalla collina dominò la città per duecento anni, fino a quando un incendio nel 1835 la distrusse. Per arrivarci percorri queste buie e strette stradine, poi ti trovi davanti ad una ripida e lunga scalinata con davanti questa facciata. Se alzi lo sguardo vedi la Fortaleza do Monte, la fortezza, dalla quale si ha una vista a 360 gradi sulla città, un fantastico colpo d’occhio, disturbato dalla presenza di un’accozzaglia d’anonimi palazzi, ammassati gli uni agli altri. Al vecchio cimitero protestante invece, sono sepolti marinai, commercianti, avventurieri e militari, insomma tutti i non cattolici morti a Macao. E’ un piccolo fazzoletto di terra con il prato all’inglese e le tombe in granito, protette da grandi alberi tropicali. E’ interessante leggere gli epitaffi di questi inglesi, olandesi e americani morti per lo più tra il 1840 ed il 1860, e passare qualche attimo a immaginare qualche frammento della loro esistenza.

Nelle vicinanze c’è una bella villa coloniale del XVIII secolo con la facciata bianca e rosa, la Fundacão Oriente che ospita mostre d’arte. Una cancellata la divide dal grande parco, dedicato al poeta portoghese del XVI secolo Luís de Camões, che veniva a passeggiare durante il periodo dell’esilio. E’ un polmone verde frequentato da bambini, ma soprattutto da anziani che giocano a majong o a carte, che indossano canottiere e pantaloni corti per combattere l’umidità. I più sportivi camminano a passo di marcia e abbozzano piccole corse, perché sport e movimento sono praticati a tutte le età. C’è anche un viale lastricato con pietre ovali da percorrere a piedi nudi, si dice che sia utile per stimolare la circolazione della pianta del piede. Un’occhiata a Rua Santa Filomena, ricca d’eleganti negozi con vetrine che si fanno guardare a lungo, e al mercato, che si trova in un palazzo di cinque piani tutto in vetro e acciaio, un luogo molto ordinato ma poco orientale, perché i mercati asiatici sono all’aperto e regnano sempre caos e confusione.

A cena sono stato al Praia Grande, un bel ristorantino in Praca Lobo d’Avila www.yp.com.mo/praiagrande, l’ideale per una cena romantica, dove ho assaggiato le specialità di Macao e il proprietario si è messo a cantare e a suonare la chitarra. Su tutto il “pollo africano”, un piatto con influssi di Goa: pollo arrosto con peperoni e spezie, accompagnato da salsa di cocco. Non male erano anche i gamberi in salsa d’aglio e la polpa di granchio. Da bere, birra portoghese Sangres. L’indomani, le ultime ore a Macao sono trascorse veloci, poi con il bus 3A ho raggiunto il Terminal Maritimo, da dove parte l’aliscafo per Hong Kong. E’ semplice arrivare nell’ex possedimento inglese, ci sono collegamenti ogni venti minuti (www.turbojet.com.hk) e in un’ora si arriva a destinazione.

 

                1   2   3   4   5   6   7   8   9   10    | Diari Index