Prima di partire ho letto qualche libro: m’interessavano sia quelli sul Vietnam contemporaneo che sulla guerra.

 

Visser Carolijn - Il poeta e la principessa

Questo libro è stato scritto nel 1993, l'autrice s’immerge in una realtà lontana, visita il Delta del Mekong, Saigon, Hà Nôi e Hué, cerca di conoscere il paese attraverso gli incontri con la gente. Mi chiedevo, se questi incontri erano ancora attuali nel Vietnam d’oggi o se facevano parte di un Mondo passato, questo l’ho scoperto al mio ritorno.

 

Oriana Fallaci – Niente e così sia

“Niente e così sia” è il diario del primo anno trascorso in Vietnam dalla giornalista: è il 1967, gli scenari sono quelli della battaglia di Dak To, dell'offensiva del Tet, fino all'assedio di Saigon. E’ un libro scritto con il cuore che trasuda d’umanità e sentimento. Tra battaglie, fucilazioni, e sapore di morte la Fallaci grida al Mondo un unico messaggio: l’inutilità della guerra. La Fallaci scruta nell’anima del Generale Loan, legge e riporta le parole dei diari del “Vietcong Ignoto” e di “Le Vanh Minh”. Parla con Nguyen Van Sam, il terrorista Vietcong che in 29 attentati fece saltare 58 persone e ne ferì 196, ma descrive anche la sua partecipazione ad una missione aerea su un A37 e ci parla dei suoi pensieri e di cosa prova, mentre il capitano Andy sgancia le bombe al napalm. La Fallaci ricorda che Nguyen Van Sam le aveva detto che nel guardare le bombe che esplodevano si rendeva perfettamente conto di quello che faceva, a differenza del pilota d’aereo che dopo avere sganciato il suo carico di morte fuggiva via e non vedeva le conseguenze delle sue azioni.  Si chiede perché per intere settimane, 358 ragazzi sono morti per difendere la collina numero 875, poi una mattina la collina è abbandonata. Per difenderla sono state distrutte centinaia di vite, e non capisce il perché. Una frase mi ha colpito: ”C’è il gioco degli scacchi, il gioco del calcio, il gioco della guerra. Quest’ultimo consiste nel prendere centinaia di migliaia di soldati che non sono soldatini di piombo ma giovanotti di carne viva e regalarli ai generali che ci fanno i balocchi. E a secondo di ciò che il generale decide, il soldatino di piombo si rompe o torna dai genitori a New York o a Hà Nôi. La tecnica del gioco si chiama strategia e molto spesso non dipende dall’intelligenza, dipende dalla cattiva digestione del generale che fa i balocchi. Pensa alla Prima Guerra Mondiale, a Verdun. C’è un macellaio vestito da generale che una notte non dorme e nell’insonnia decide di attaccare il giorno dopo. E il giorno dopo accende un gran fuoco e ci butta i soldatini di piombo e li scioglie tutti”.

 

Peter Arnett – Il mio Vietnam

Questo è il diario della permanenza del giornalista australiano in Vietnam, sono riportati fedelmente, come in una cronistoria, gli avvenimenti, gli avvicendamenti politici dal 1962 fino alla caduta di Saigon del 1975. L’ho trovato utile per inquadrare il Paese dal punto di vista storico, ma non c’è quella passione, quella rabbia, quel coinvolgimento che ho trovato nel diario della Fallaci, in definitiva non mi ha trasmesso nessuna sensazione.

 

Kien Nguyen – Indesiderato

Il libro è la storia autografa di Kien, un bambino nato dalla relazione tra una facoltosa donna vietnamita e un uomo d’affari americano che non conoscerà mai. La vita scorre agiata e tranquilla fino a quando Saigon cade nelle mani dei Vietcong il 30 aprile 1975. Kien e la famiglia non riescono a scappare in America e subiscono la confisca della casa e degli averi. Kien ha una vita difficile sia perché è figlio di un’ex imperialista, sia perché è un Amerisan, un “sanguemisto” con gli occhi azzurri e la carnagione chiara. Ci racconta il dramma di un’infanzia difficile, rubata ad un bambino che all’età d’otto anni è dovuto diventare un piccolo uomo ma che 1985 ha ritrovato la speranza, perché grazie ad un programma delle Nazioni Unite è riuscito a raggiungere gli Stati Uniti, la sua terra promessa.

 

Bao Ninh – Tristezza della guerra

Il libro narra della guerra con gli americani vista con gli occhi di un soldato nordvietnamita.

 

Tiziano Terzani – Pelle di leopardo

E’ il diario del giornalista, come corrispondente di guerra al fronte, dal 1972 al 1973. Il titolo del libro si rifà alla carta geografica a chiazze relativa alla divisione del Vietnam del sud, dove già prima della caduta del governo di Saigon c’erano aree sempre più vaste, conquistate e difese dai comunisti di Hà Nôi. A poco a poco gli Stati Uniti cercano di sganciarsi dalla loro politica coloniale e di ottenere una resa onorevole che non faccia sembrare l’uscita di scena come una fuga. La loro presenza, da mezzo milione d’uomini nel 1969 è ormai ridotta a meno di venticinquemila uomini e gli U.S.A. appoggiano le forze del sud solo con missioni aere di rifornimento e bombardamenti. Le sconfitte militari per il governo di Theu sono sempre più gravi e i nord vietnamiti passano il 17° parallelo penetrando nel Vietnam del Sud. A poco a poco cadono tutte le città principali: Quan Tri, Huè, Kontum e i rivoluzionari arrivano fino al delta del Mekong. Il 28 gennaio 1973 viene dichiarato l’accordo per il cessate il fuoco e gli Stati Uniti riconoscono “il principio dell’unità vietnamita” cioè che Nord e Sud sono uno stesso Paese. Sottoscrivendo tale accordo gli U.S.A. rinunciano alla giustificazione del loro intervento: la difesa del Sud dal Nord.  Adesso possono tornare a casa e Terzani dice: ” Dieci anni fa i primi americani venuti qui a spezzare le reni di un movimento rivoluzionario che aveva già sconfitto i francesi erano sbarcati in Vietnam con corone di fiori al collo; oggi se ne sono andati anche loro sconfitti, fotografati da un ufficiale vietnamita e a uno a uno li contava mentre salivano sull’ultimo aereo. Erano venuti per difendere “la democrazia” e si lasciano dietro una dittatura che imprigiona e tortura i loro oppositori; erano venuti a ricacciare i comunisti a nord del 17° parallelo e li lasciano invece a pochi chilometri dalla stessa Saigon. Erano venuti a proteggere un paese che hanno, invece, finito per distruggere; erano venuti per difendere gli altri e sono finiti a difendere esclusivamente la loro ritirata.”

 

Tiziano Terzani – Giai Phong!

Giai Phong significa liberazione. Il giornalista ci parla dei giorni antecedenti il 30 aprile 1973, la data in cui i Vietcong entrano e liberano Saigon senza spargimenti di sangue. Il libro si apre con la narrazione della fuga da Saigon degli americani e dei vietnamiti legati agli Stati Uniti. In quei giorni c’era come un’isteria collettiva, l’arrivo imminente dell’esercito di Liberazione era vissuto come un dramma ineluttabile, tutti avevano paura che la liberazione sarebbe sfociata in un bagno di sangue e per tutti, ci sarebbero state esecuzioni sommarie e saccheggi. Terzani narra con entusiasmo e commozione l’arrivo in città dei Vietcong e la conquista della città senza spargimenti di sangue. Le sue parole sembrano quelle di un testimone che vive la nascita di una nuova era. Le truppe dell’esercito del Sud abbandonano per strada uniformi, fucili e scarponi, i cittadini saccheggiano l’ambasciata americana e le case abbandonate, mentre i carri armati di Hà Nôi si dirigono verso Doc Lap, la residenza del Presidente. I bo-doi, i soldati del Nord, hanno una fisionomia ed un accento diverso rispetto alla gente del sud, ma ora non sono più visti come stranieri ma come fratelli, non rappresentano più un esercito di occupazione e Terzani ci dice che la città è stata liberata, non conquistata. I collaborazionisti e i soldati del sud invece, venivano chiamati fantocci, ma a coloro che riconoscevano i propri errori veniva perdonato il passato, invece gli ostinati erano coloro che non accettavano la nuova realtà del Paese e che perseguivano la “via dell’errore”. A poco a poco scomparvero i libri stampati sotto l’occupazione americana e sotto il regime fantoccio, sul quotidiano Saigon Giai Phong fu pubblicato un decalogo per distinguere quali fossero i libri proibiti e quelli consentiti. I bo-doi iniziarono anche a censire tutto e tutti: andavano casa per casa e prendevano nota di quanta gente c’era in famiglia, di cosa si possedeva e se non veniva spiegata la provenienza del superfluo, il sovrappiù veniva confiscato. Iniziarono anche i corsi di hoc tap, di rieducazione, per cancellare la colpa di essere stati fantocci, un’operazione necessaria per essere reintegrati nella società.

 

Harold G. Moore – Joseph L. Galloway – Eravamo giovani in Vietnam

Il libro parla della battaglia dello Ia Drang, combattuta sugli altopiani centrali del Vietnam del Sud nel novembre del 1965, battaglia che rappresenta il primo vero scontro che mette a confronto i due eserciti nemici. La grande novità tattica di questa guerra fu la cavalleria d’aria: il trasporto delle truppe con gli elicotteri Huey e Chinook per raggiungere velocemente i campi di battaglia più remoti nella giungla. Le truppe USA arrivarono così nella vallata dello Ia Drang e nei combattimenti attorno alle zone chiamate X-Ray e Albany morirono 305 americani della prima divisione di cavalleria eliotrasportata e 1850 nordvietnamiti. Nel prologo del libro si legge: “Questa è la storia di un’epoca, e dei nostri ricordi. L’epoca era il 1965, un anno speciale, lo spartiacque tra un’epoca che finiva in America e una che cominciava. Ce ne accorgemmo perfino allora, nei tanti modi in cui le nostre vite cambiarono all’improvviso, in maniera drammatica.” Il racconto è una fedele ricostruzione degli avvenimenti di quei giorni con le testimonianze di soldati sopravvissuti americani e vietnamiti. Gli attimi della battaglia sono descritti con grande realismo, in alcuni tratti, le azioni durate solo qualche minuto, sembrano durare ore. Il libro non mi ha entusiasmato perché è una minuziosa ricostruzione della battaglia, adatta più ad amanti delle strategie militari che a un amante di “cose vietnamite” come me. Dal libro, è stato tratto un film girato nel 2002 dal titolo “We were Soldiers”. Mel Gibson impersona il comandante americano e Don Duong (l’attore vietnamita più famoso) il suo omonimo. La stampa Vietnamita non ha accolto favorevolmente il film che è stato vietato, ma circolano molte copie pirata. Sulla prima pagina del quotidiano Quan Doi Nhan Dan, “L’esercito del popolo” è stata chiesta una punizione esemplare per l’attore, reo di avere preso parte ad un film che distorce la verità. Il Quotidiano dell’esercito, l’organo delle forze armate ha scritto: “Facendo propaganda a favore di forze ostili, deformando l’immagine dei soldati di tutto il popolo vietnamita, Don Duong ha venduto la sua coscienza per pochi soldi, diventando un traditore”. Le autorità di Ho Chi Minh, la città dove l’attore vive, hanno proposto una punizione che per cinque anni gli vieti di girare film e di andare all’estero.

 

Graham Greene – L’americano Tranquillo

Il libro è ambientato nell’Indocina coloniale negli ultimi mesi della dominazione francese in Vietnam. Il romanzo non è tanto una cronaca della fine di un’era, ma analizza il tormentato rapporto tra due persone: Pyle, definito come “l’americano tranquillo”, e un cronista inglese di nome Flower, entrambi innamorati della stessa donna, la bella Phuong. Il primo è un giovane idealista, una persona un po’ ingenua che crede fermamente nel “sogno americano” e nella legittimità degli Stati Uniti come “poliziotti del mondo”, queste sue convinzioni, sicuramente animate da fini nobili, lo porteranno a rendersi complice d’efferati omicidi. L’altro invece non ha più certezze, non più giovane vede la vita con distacco e cinismo, è deluso e non possiede alcuno slancio. Vive basandosi sulle proprie esperienze passate e a suo modo, cerca un minimo di stabilità e una vita tranquilla. E’ un libro duro che fa riflettere e che da modo di guardare dentro di noi, invitandoci a fare un bilancio della propria vita. Per qualcuno, le pagine non saranno leggere come carta, ma pesanti come pietre.

 

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