Costeggiando il fiume solcato da barconi a forma di drago, sono arrivato alla tomba dell’imperatore Minh Mang. Sette dei tredici imperatori Nguyen, che si avvicendarono dal 1802 al 1945, si fecero seppellire nelle tombe erette sulle colline attorno al Fiume dei Profumi.

Non si tratta di semplici tombe, ma di palazzi, con laghi e giardini. Le tombe, come molti degli edifici della città imperiale, furono costruite secondo le antiche leggi della geomanzia, una pratica nata in Cina con il nome di feng shu (vento e acqua), che mira a mantenere in equilibrio gli elementi yin e yang. Marcel Granel, in "Pensée chinoise", li paragona all’opposizione "versante in ombra e versante soleggiato". Lo yin è il principio femminile che rappresenta il buio e la passività, sono di natura yin le tombe ed i versanti in ombra (a nord della montagna e a sud del fiume). L'ideale per una tomba era avere davanti un fiume, una scogliera dietro e colline ai lati. La parola yang, l’elemento maschile, più attivo e luminoso (a nord del fiume, a sud della montagna), suscita invece l'idea di Calore e di luogo esposto al sole, quindi di versante soleggiato: abitazioni e città dovrebbero avere questa natura. I geomanti studiavano la direzione dei venti e la forza delle acque, l’orientamento delle pieghe del terreno, la disposizione e la localizzazione degli alberi e delle rocce, la presenza o meno di una pagoda e l'esistenza di forze benefiche o malefiche nel sottosuolo. Stava al geomante prendere in considerazione questi fattori e la fortuna o la sfortuna delle nuove costruzioni poteva dipendere da tali aspetti.

La tomba di Minh Mang è in rovina ed il posto è decadente: il padiglione all’entrata è puntellato per evitare crolli, il tetto in lamiera è arrugginito e il pavimento sbriciolato. I padiglioni, i templi ed i palazzi a ridosso della collina, nei cui interni predominano il rosso e l’oro sono in condizioni migliori, la tomba invece è un semplice cumulo di terra. Sono poi stato alla tomba di Tu Duc, considerata la più maestosa e anche qui gli edifici rischiano di crollare. Ci sono la cittadella attorno al lago, i palazzi e le abitazioni per le centoquattro mogli e le concubine dell’imperatore. Colpisce la visione d’insieme del posto, il parco ha un fascino particolare eVietnamDiario_40.jpg se guardi con un po’ d’immaginazione i ponti che solcano i canali, i pini simili a quelli marittimi e le stradine, potresti pensare di essere in una villa con giardino all’italiana. La tomba fu progettata personalmente dall’imperatore che ci visse anche da vivo. Tu Duc non fu seppellito qui, ma in un posto segreto per evitare le razzie dei tombaroli e i duecento servitori che si occuparono della sepoltura, furono decapitati. I guardiani vivono nel padiglione dove dimoravano le concubine e dalle stanze, un tempo luogo d’immense delizie, usciva un odore di pesce fritto e tutt’attorno era stesa la biancheria ad asciugare.

Poi ho raggiunto il cuore di Hue: la cittadella. Fu voluta nel 1804 dall’imperatore Gia Long e si dice che alla costruzione lavorarono duecentomila uomini. Copre un’area di cinquecento ettari, il perimetro misura dieci chilometri ed i muri a trapezio che la delimitano sono alti sei metri e spessi due. Ho costeggiato le mura per poi varcare una delle sue dodici entrate: ognuna ha un ponte di marmo che oltrepassa il canale. All’interno c’è un ultimo muro, oltre il quale si estendeva la Città Purpurea Proibita (Tu Cam Than). Come a Pechino gli imperatori vivevano all’interno, in un labirinto con più di trecento edifici: oggi ne rimangono ottanta, molti dei quali in pessime condizioni. Nel 1968, la cittadella fu rasa al suolo durante l’offensiva del Tet, quando i Vietcong, violando la tregua stabilita con gli americani in occasione del capodanno lunare, si rifugiarono al suo interno e riuscirono a tenere in pugno la città per tre settimane e mezzo.

Oriana Fallaci nel suo libro Niente e così sia, la descrive così: “La chiamavano la Firenze dell’Asia. Situata sul mare e baciata dal Fiume deiVietnamDiario_41.jpg Profumi, attraeva studiosi e turisti. Capitale al tempo degli imperatori, per secoli essi l’avevano impreziosita con templi, ponti, monumenti, giardini. E su quei templi quei ponti quei monumenti quei giardini piomba ora il fuoco del generale Abrams”. Sono state restaurate “La porta di mezzogiorno”, utilizzata per le apparizioni pubbliche dell’imperatore e “Il palazzo della suprema armonia”, un edificio di legno che ospita il padiglione del trono. Ormai della Città Proibita rimane solo un grande spazio erboso, è un luogo desolato con mucchi di mattoni dove la vegetazione cresce velocemente. La furia distruttrice dei bombardamenti americani mi ha fatto venire in mente le guerre di religione tra indù e mussulmani, quando, nello spazio di una notte, centinaia d’uomini riescono a radere al suolo moschee e templi. Forse sarebbe meglio non venire qua e immaginare la Città Proibita con la fantasia, ma a priori, si poteva non visitare l’antica dimora dei sovrani Nguyen?

Alla sera sono andato a casa del Dr. Trau Vui. Vive con la moglie e i figli in una bella villa con pavimenti di marmo, arredamento in tek ed alle pareti i ricordi dei suoi viaggi in Europa. Ho assaggiato pho con germogli di bamboo, pesci del Fiume dei Profumi e foglie di patate dolci lessate. Ci servivamo direttamente dai piatti da portata, prendendo il cibo con le bacchette e mettendolo nelle ciotole: tutto era buono ed abbondante. Ho continuato a tempestarlo di domande: mi ha detto che al sud del Paese la qualità della vita è buona, al nord è discreta, mentre non si può dire altrettanto per il centro, soprattutto nella zona delle Highlands dove le minoranze etniche tentano di mantenere vive le tradizioni.

Per i dipendentiVietnamDiario_42.jpg pubblici lo stipendio iniziale è di venti dollari, poi, facendo carriera si può arrivare a cinquanta, il minimo per sopravvivere. I più si arrangiano con un secondo lavoro e la corruzione dilaga. Nelle poche imprese private costituite con capitali stranieri, gli stipendi si aggirano sui duecento dollari il mese. Pochi risparmiano, le banche danno un interesse attorno al 7% e chi investe lo fa comprando oro e dollari. Tutti hanno la bicicletta, la moto invece, la possiede oltre il 30% della popolazione. Ogni famiglia ha la TV: quelle di seconda mano arrivano dal Giappone e costano sui centoventi dollari, le nuove sui trecento. Si vedono solo i canali vietnamiti e le stazioni televisive dei paesi confinati sono oscurate, nessuno possiede la parabola satellitare e se si vuole vedere il canale musicale MTV, ci sono le videocassette importate illegalmente. In fatto di cibo, come dice un proverbio, si mangia tutto quello che cammina, eccetto gli uomini. Serpenti e tartarughe sono leccornie da gustare in occasioni speciali, ma non sono facili da trovare perché costose e esportate verso la Cina. Non esiste copyright e tutto, dai CD musicali ai libri, è copiato.

Dopo cena, siamo andati a fare un giro per le strade di Hue: le luci della città si riflettevano nel Fiume dei Profumi ed il ponte Trang Tien cambiava continuamente colore, come in uno spettacolo di suoni e luci. Abbiamo mangiato un dolce tipico con fagioli e riso, ricoperto da una spolverata di ghiaccio. La cosa che ha reso indimenticabile la giornata d’oggi, è stato l’avere noleggiato la moto e avere visto posti difficilmente raggiungibili senza il mezzo meccanico. L’essere continuamente salutato dagli “Hello” e dalle manine di centinaia diVietnamDiario_43.jpg bambini, il non sembrare uno straniero, ma un cittadino di Hue. L’avere incontrato madri che con fierezza, ti mettono tra le braccia il loro bambino e gli scolari che ti rincorrono quando accendi la moto e la trattengono per non farla partire. Si tratta di scene viste nei film degli anni cinquanta come “Ladri di biciclette” o “Poveri ma belli”. Talvolta mi chiedo come i vietnamiti, sempre così gentili e sorridenti, siano riusciti ad essere dei fieri combattenti, sprezzanti dinnanzi alla morte e capaci di vivere per anni lontani dagli affetti. Sarà stato per spirito di sopravvivenza? All’occorrenza saprebbero ancora convertirsi in spietati Vietcong?

L’indomani andrò con un tour organizzato a visitare la Zona Demilitarizzata (DMZ): si partirà all’alba, perché i luoghi da visitare sono tanti e distano tra loro. La DMZ nacque nell’aprile del 1954 come conseguenza degli accordi di Ginevra che conclusero la guerra fra i Viet Minh e i francesi. Si estende per un’area di cinque chilometri a nord e a sud del fiume Ben Hai e lo costeggia per cento, dal confine del Laos fino al mare della Cina. All’inizio doveva essere una linea di demarcazione provvisoria, fra il nord controllato dai comunisti ed il sud "democratico". Ma dal 1956, l’anno in cui Ho Chi Minh ed i comunisti salirono al potere fino al 1975, si trasformò in una frontiera permanente. I Viet Cong, crearono un reticolo di collegamenti e strade (il sentiero di Ho Chi Minh di circa 20.000 chilometri) che si estendeva dal Vietnam del nord fino al sud. Nel tentativo di contrastarli, gli Stati Uniti e l’ARVN (l'esercito vietnamita del sud) dislocarono una serie di basi e di campi minati lungo la “Strada n° 9” che costeggia la DMZ per dieci chilometri (linea McNamara).

Alcune delleVietnamDiario_44.jpg battaglie più feroci e più sanguinose si svolsero a sud della DMZ, attorno a Quang Tri, Rockpile, Hamburger Hill e alle basi di Khe Sanh e Campo Carroll. Questa è anche la zona delle Highlands dove vivono le minoranze etniche, coltivando anemici campi di riso e piantagioni di caffè. Le case di fango e paglia posano su palafitte e non si comprende di cosa viva la gente. I bambini con il moccolo al naso indossano vestiti consumati ormai ridotti a stracci. Appena ti vedono, ti corrono incontro chiedendo qualche Dong.

La prima sosta è stata a Rockpile, oggi è solo una collina di duecentotrenta metri che non dice nulla, ma durante il conflitto era un punto d’osservazione privilegiato che dava sulla DMZ e sul Vietnam del Nord. Abbiamo poi costeggiato il fiume Dakrong, qui accanto passava il sentiero di Ho Chi Minh e i Vietcong, passando per il Laos e la Cambogia riuscivano a raggiungere il delta del Mekong. La natura è lussureggiante, c’è una giungla superba e impenetrabile con banani, bamboo, pini e alti arbusti: ti chiedi come gli americani, nonostante l’uso massiccio della diossina, dell’agente arancione e di defolianti potessero pensare di ottenere il controllo del territorio. Siamo stati a Khe Sanh, una volta era un’importante base aerea americana, adesso rimane una spianata con attorno le montagne e la pista di decollo che si riconosce grazie ad una buona dose d’immaginazione.

 

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