A Likir ci troviamo ad oltre
Cosa spinge persone di tutte le età, dai ragazzi poco più che maggiorenni, ai maturi cinquantenni, a venire qui, su queste montagne ed in queste valli? Non è solo la voglia desotismo o dimontagna che ci spinge quassù, o limpresa di avere percorso la strada Manali Leh On the road, ma è un qualche cosa di più oscuro ed intricato che forse trova la sua risposta nel Mantra Om mani padme hum che significa Il tesoro si trova nel fiore di loto cioè il tesoro è rappresentato dalla luce nascosta nel fiore della mente. In posti come il Ki Gompa, Lamayuru, Matho Gompa o Likir è possibile scoprire la luce nascosta nel fiore della mente? Quando la luce diventerà luce, se mai lo diverrà? Che cosa spingeva loccidentale di Tabo a fare thuppa e chomin, Eva la teutonica a mondare i piselli, Hawkins laustraliano a preparare il semolino ed a lavare i piatti per la famiglia di Kaza o gli ospiti della Norboo Guest House a trasportare i covoni dorzo con il sorriso sulle labbra? Forse non troverò e nessuno di noi, anime erranti, troverà risposta a questa domanda, ma è bello o almeno lo sarebbe, svegliarsi una mattina ed essere illuminati dalla luce nascosta nel fiore della mente. Erano mesi che pensavo su come e quando discorrere su questo mantra. La visione di questa valle dellEden, di questi campi dorati e di questo cielo stupendo me ne hanno dato loccasione. Oggi è il primo giorno che vedo il mio viaggio non come unepica cavalcata fra passi Himalayani e meravigliosi Gompa. Il soggiorno a Lamayuru e a Likir mi ha fatto vedere il viaggio con occhi diversi. Seduto nella bellissima cucina Ladakha, se alzo gli occhi,
posso leggere una frase scritta a caratteri cubitali: May all beings be happy, frase ancora più
espressiva perché notata proprio adesso. Questo Stamattina mi sono svegliato alle sei, il tempo è capriccioso, ci sono squarci dazzurro che convivono con nuvole basse e minacciose, scende anche qualche goccia di poggia e nella notte, sulle montagne che sovrastano il monastero ha nevicato a bassa quota. Ho fatto colazione con pane tibetano e burro salato. Norboo controlla che tutto sia a posto e passeggia nervosamente avanti ed indietro come un grand commis di un hotel cinque stelle. Lancia rapide occhiate a destra ed a sinistra, poi va a ricongiungersi con Padma, la figlia di sei mesi che ride e si agita su una panca. Norboo ha mani grosse come badili che contrastano con la figura esile della figlioletta. Eva, con laiuto di due maniglie legate da una corda, continua ad agitare un otre che contiene acqua, latte e sale: tra due ore, sarà pronto il burro. Mi sono incamminato verso il Gompa, mi hanno invitato in una casa, dove tutti
volevano farsi fotografare. Le donne, sempre restie nel farsi immortalare, facevano a gara
nel farsi belle, indossavano il vestito della festa ed il tipico cappello Ladakho che
assomiglia alla tuba dello Zio Paperone di Walt Disney. La donna più anziana
del villaggio, indossava una cenciosa tunica e sulla schiena aveva un mantello di Tornato allalberghetto ho bevuto unultima tazza di chai e sono partito per Alchi. Me ne vado con la morte nel cuore perché è il posto più pacifico ed amichevole incontrato fino ad ora. Ho raggiunto la strada principale e quasi subito ha ricominciato a piovere. Tutto attorno ci sono sassi, sabbia e montagne grigie e incappucciate, sono ammantate dalle nuvole e sembrano più minacciose del solito. Il silenzio è assoluto ed è rotto solo dallo sventolare delle bandiere di preghiera. Dopo una lunga attesa è arrivata una jeep che mi ha dato un passaggio. Alchi Alchi ha un
Gompa particolare, non è scenografico come
quelli arroccati sulle cime delle montagne, perchè si trova nel mezzo di una valle. Gli
interni in legno sono finemente lavorati, le pareti sono affrescate con centinaia di
Buddha e nel chiaroscuro le statue hanno un loro fascino. A fianco del Gompa cè un accampamento di colore
arancione, le tende sono occupate da novizi (dai dieci anni in su), mi hanno spiegato che
è una specie di colonia estiva, tutti ballano al ritmo della musica da discoteca Indiana
e si arrampicano sugli alberi come scimmie. Dopo avere pranzato allo Zimskhang
Restaurant Non si vedono autobus diretti a Leh e i mezzi ai quali lancio segnali non accennano a rallentare. Mentre iniziavo a perdere la fiducia, un camionista si è fermato per darmi un passaggio. Il camion arancione è coloratissimo, ha tante scritte tipo Oh God, save me! o Horn please, sopra il finestrino cè il lasciapassare per gli Stati Indiani nei quali può circolare. La cabina di pilotaggio è spaziosa e ci possono stare tre passeggeri oltre allautista. Il rumore è infernale, gli scossoni sono tanti, la velocità media è di venti chilometri lora, sembra di essere su una ruspa o su un carro armato. Quando si viaggia in pianura la velocità è bassa, nellaffrontare le salite si va a passo duomo. Quando poi il camionista (ribattezzato Luomo di Srinagar perché proviene da lì), deve sterzare o curvare, per la fatica che fa nel girare il volante, assomiglia ad un personaggio mitologico, un Ercole o un Sansone contro i Filistei in versione Himalayana. Spesso ci si ferma vicino ad un ruscello per fare bere il radiatore. Dopo tre ore ecco finalmente Leh, ho salutato il guidatore mussulmano con un Insciallah e nel buio della notte mi sono incamminato verso Changspa. Un indigeno in Vespa mi ha dato un passaggio. Arrivato alla Guest House sono stato riverito dai soliti joole che ho ricambiato calorosamente, per cena non cera più nulla, ma sono riuscito ad ottenere un piatto di riso bollito che ho mangiato con una scatola di tonno portata dallItalia. Mi sono svegliato alle sei e ho lavati i vestiti al ruscello, poi con le mani ancora ghiacciate, ho fatto colazione con omelette e pane tibetano. Alla stazione dei bus dovevo prendere la corriera per il Gompa di Hemis, ma non lho vista, così sono andato al Gompa di Spituk. Imbronciato per lautobus fantasma e per linutile attesa di quasi due ore, sono arrivato a Spituk in dieci minuti. Spituk Il Gompa si
trova su uno sperone roccioso, il panorama è rovinato dalla vicinanza
dellaeroporto. Tre monaci stavano fabbricando un mandala di sabbia, la vista di questopera mi
ha rasserenato. E grande e per terminarlo ci vogliono due giorni, i monaci lavorano
seduti chini e a gambe conserte Tornato a Leh ho sentito nellaria una musica che proveniva dal Gompa situato fra Fort Road e Bazar Road, guidato dalle note lho raggiunto, chiedendo se fosse possibile acquistare la musicassetta, i monaci mi hanno indirizzato al Mahabodhi International Meditation Centre. Il posto era deserto e i discepoli erano in meditazione, per non disturbarli ho lasciato perdere. Attratto dalla lusinghiera descrizione della L.P. sul ristorante tibetano La Montessori: Serves up big portions of very tasty chinese and tibetan food, and its popular with local monks, mi sono accomodato al suo interno ed ho ordinato il today special, ossia tè tibetano alle erbe e piccole pannocchie fritte. Per nulla sazio, ho proseguito con dei fried noodles. Non ho visto monaci, forse avevano cambiato ristorante: le porzioni erano piccole e non sono rimasto soddisfatto! Il pomeriggio è trascorso fra acquisti al mercato tibetano e al bazar, dopo una visita al cerusico, sono salito allo Shanti stupa per vedere unultima volta Leh dallalto. Tutta la valle, nella luce del tramonto, brillava di un colore rosso porpora. Alla Guest House mancava la luce, così ho dovuto sistemare lo zaino e fare la
doccia con laiuto della torcia elettrica. Dopo una cena a lume di candela, a base di ravioloni in brodo, sono andato a dormire. Mi sono svegliato alle cinque, stamattina ho il
bus per Manali. La luce inizia a poco a poco a prendere possesso del suo spazio vitale,
attorno al bus si vedono solo i cani e i futuri compagni di viaggio. Ci siamo fermati ad
Upshi per un controllo passaporti, ho fatto colazione con chapati e omelette. Al passo Taglang La, una
famiglia tibetana ha appeso una Dopo 263 chilometri e dodici ore di viaggio, abbiamo passato la notte allaccampamento di Sarchu, con una cena a base di fagioli riscaldati e riso, poi mi sono infilato nel sacco a pelo. Questo viaggio da Leh a Manali sembra meno lungo di quello dellandata. Sarà perché questa strada lho già percorsa, idealmente rappresenta laddio allIndia (una sensazione comune a tutti gli occupanti del bus), o perché mi sono assuefatto a questi mezzi. Sembra di essere allultimo giorno di scuola, o di assistere ad una partita di calcio che non ha più nulla da dire, ma che deve essere giocata fino al fischio finale. La sveglia è arrivata con una fumante tazza di chai che mi è caduta a terra dopo la prima sorsata, fuori è buio e fa freddo. Mi sono vestito a cipolla con tutto quello che avevo, compresi guanti e cappello, tutti tossiscono ed il bus sembra un cronicario. Nei rari rettilinei lautista accelera, nellaffrontare le curve e durante le frenate, oscilliamo paurosamente, quando ne incrociamo un altro, se cè poco spazio lautista usa la massima cautela, se invece cè nè in abbondanza, accelera, facendo il pelo a precipizi e burroni. A Darcha ci siamo fermati per la colazione, ho ordinato chapati che ho accompagnato con la Nutella, era difficile estrarla perché per il freddo si era cementificata, al contatto con il pane caldo si scioglieva perfettamente. In ogni ristorantino, le lattine di Coca Cola e le bottiglie di Pepsi sono messe in mostra come se fossero orologi di gran marca o i pezzi migliori dellargenteria di famiglia.
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