Stasera,
dietro i cortesi ma insistenti inviti di Ian, La mattina sono tornato ad Angkor Wat, poi mi sono fatto riportare al Ta Phom e sono salito in cima ad una delle tante gallerie che uniscono il tempio. Seduto sui gradoni della volta, avevo una visione privilegiata del complesso: davanti a me si erigevano una decina di torri, alcune dalle forme armoniose e intatte, altre martoriate dal passare del tempo. Tutte svettavano verso lalto, questa era la visione dinsieme, ma quando le osservavi meglio, ti sembrava che fossero costruite ad incastro e ti chiedevi quale miracolo permettesse di non farle crollare. Ora ho davanti a me lAngkor che mi aspettavo,
meno scenica dei prasat e dei raffinati
bassorilievi dAngkor Wat, ma emozionante come non mai: dalla posizione rialzata mi
sembrava di percepire e dessere partecipe ad ogni movimento e suono della natura.
Dal rumore degli uccelli (soprattutto pappagalli), dal suono secco dei piccoli fichi
acerbi che arrivano a terra come proiettili, dal rumore delle foglie che cadono al primo
alitare del vento. In lontananza senti anche il vociare dei turisti che annunciano il loro
arrivo e le loro voci e i loro lazzi stridono con la quiete del posto, ricordano il rumore
del tuono durante un temporale primaverile. Al Ta Phom, come in qualsiasi altro posto, sono assalito da frotte di ragazzini che urlano a squarciagola postcards, cold drinks, books, t-shirts. Dopo un po non se ne può più, e nonostante le insistenze, vorresti acquistare qualcosa da ognuno di loro, ma è impossibile. Davanti ad una rinfrescante noce di cocco, nonostante la non voglia di comprare, incapace di resistere ad un nuovo assalto, ho alzato bandiera bianca e ho comprato ancora una maglietta, un sarong e due kramas (le sciarpe grezze utilizzate indistintamente da uomini e donne). Ho mangiato con Yuth noodles precotti che costavano tre dollari al piatto, penso che cifre simili debbano fare impallidire i cambogiani, visto che il reddito medio pro capite è inferiore ai duecento dollari lanno ed un impiegato statale ne guadagna sedici il mese. Il mio autista è una via di mezzo fra un vecchio maggiordomo
inglese ed una madre troppo apprensiva: ho impiegato due giorni per non farmi chiamare
Sir ma solamente John, a tavola mi
pulisce le posate e ieri, dopo lunghe insistenze, ha accettato il mio invito a pranzo,
dicendomi se volevo terminare la sua carne perché non aveva più fame. Queste forme di
servilismo mi fanno piacere, ma provocano anche disagio e rabbia. Tornato a
Siem Reap sono stato allufficio postale Mi sono fatto riportare ad Angkor Wat e per lultima volta ho percorso il lungo viale, dedicandomi ai bassorilievi che si trovano lungo le gallerie esterne del primo livello, ispirate ai poemi indiani e alle scene di guerra. Il bassorilievo più famoso è quello chiamato Churning of the ocean of milk che potrebbe essere tradotto come La trasformazione in burro delloceano di latte, dove Dei e demoni combattono per produrre lamrita, lelisir dellimmortalità. Devas e asuras fanno una specie di tiro alla fune con il serpente Vasuki per risalire e ridiscendere dal Monte Mandara verso loceano: il meccanismo di questa famosa scena non mi era molto chiaro, perché non conoscevo il significato della parola inglese churning. Lultimo giorno è volato via: allinizio mi chiedevo cosa avrei fatto per così tanto tempo nella capitale dellimpero Khmer, ora inizio a rimpiangere questa scelta, vorrei congelare questi attimi, come limmagine che si fissa su una pellicola fotografica. Stasera Yuth mi ha proposto di cenare con lui, siamo andati in un locale
frequentato da Khmer. Le moto degli avventori erano parcheggiate a ridosso dei tavoli e
siamo stati presi in consegna da cameriere, che indossavano divise dal colore rosso fuoco
e panna. Quelle vestite di rosso prendevano le ordinazioni, mentre le altre, riempivano
continuamente i bicchieri con grossi pezzi di ghiaccio. Questo valeva per qualunque cosa
si bevesse, compresa la birra che così barbaramente allungata, aveva un sapore
disgustoso. Allalba Yuth mi aspettava per portarmi allimbarcadero, ben presto abbiamo abbandonato lasfalto, per una pista di terra rossa piena di buche, tutto attorno cera un insopportabile odore di pesce, povere capanne e gente con facce tristi, tutti segni tangibili di una vita non facile. Al molo, le moto correvano su e giù come impazzite, molte erano parcheggiate attorno a grandi ceste colme di pesce ed a venditori di tutto e di niente. Mi sono congedato da Yuth, gli ho regalato un orologio ed una maglietta e sono salito su una piccola barca che percorrendo un canale, ci ha portati fino al molo sul lago Tonlè Sap dove era ormeggiata la barca veloce per Phnom Penh. Limbarcadero non è mai nello stesso posto perché il livello del lago è variabile, nella stagione delle piogge o in quella secca può essere spostato anche di qualche chilometro. Ho
acquistato il biglietto e sono salito sulla Khemara,
una barca dalla forma aguzza simile ad un sigaro, Phnom Penh Nei confronti di Phnom Penh sono abbastanza prevenuto, questa città è stata definita da molti nei modi più tremendi, a partire da quello che mi aveva detto Sandra: Una moderna città dellAsia? Ma non scherziamo! Come un teso addome in putrefazione è bastato toccarla perché mi esplodesse in faccia ., mentre nella prefazione del libro Off the rails in Phnom Penh di Amit Gilboa si leggono queste parole: Phnom Penh è un festival anarchico di prostitute, droga a buon mercato e frequenti violenze e tutto questo stride con larchitettura, la musica e le recenti tragiche vicissitudini del Paese. Per un viaggiatore che proviene da una moderna società occidentale, è una città, dove limmoralità diventa accettabile e linsano diventa quotidianità . Al mio arrivo, la città era avvolta in una luce buia e tetra, mi sono fatto portare al Walkabout Hotel sito allincrocio fra le strade 51 e 174, consigliato sia da Ian che da numerosi report trovati sul w.w.w.
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