Dalla cima della collina la vista è
![]() Tornato a Georgetown sono
andato allEsplanade, il sole stava tramontando e decine daquiloni (wau) volavano liberi nel cielo, era bello vedere
assieme tutti questi oggetti volanti, mi sono ricordato di quando mio zio
aveva costruito per me un aquilone di balsa, che si era subito liberato dal filo ed era
volato via. Gli aquiloni mi hanno sempre affascinato perché li vedo volare liberi nel
cielo e sembrano felici, così quando un venditore mi ha proposto di acquistarne uno non
ho resistito: Anche stanotte
la città è un caleidoscopio di colori: per le tante insegne multicolori e per quelle al
neon, per via delle lanterne e delle lampadine che addobbano le vie. Sono andato a cenare
in Lebuh Chulia, oggi dopo la colazione al Tempio dei Serpenti non avevo
mangiato nulla tranne dei gustosi snack indiani che assomigliavano, per forma, alle
crocchette dei gatti. Ho scelto un ristorantino indiano: ho ordinato roti canai, il pane non lievitato, saltato e
cotto sulla piastra, pollo al curry e noodles.
Il cuoco sembra lavorare malvolentieri, lancia stancamente gli ingredienti
nellenorme wok e gratta con
una spatola linterno della pentola come se dovesse pulirla, i suoi modi sono
talmente bruschi che per terra ci sono ovunque pezzi di cibo. Laddetto al roti invece, sembra più professionale ed
è specializzato nel Sulla via del ritorno sono passato davanti al Eastern and Oriental Hotel, chiamato anche E & O Hotel, un bellhotel in stile coloniale, originariamente di proprietà dei fratelli Armeni Sakri, che possedevano anche lHotel Raffles di Singapore e lHotel Strand a Rangoon. Ho curiosato qua e là e osservando i tappeti persiani, i lini, lantico mobilio, il pavimento in tek e i tanti specchi, pensavo che mi sarebbe piaciuto soggiornarci almeno per una notte, poi ho scacciato questa idea dalla testa, perché mi aspettava la camera del D Budget Hostel. Di buon mattino ero con lo
zaino in spalla, cera poca luce perché stava iniziando ad albeggiare, mi sono
diretto verso il porto, dove cera il ferry per Butterworth. Una curiosità è che il
biglietto si paga da Butterworth a Georgetown, mentre il ritorno verso la terraferma è
gratuito. La stazione ferroviaria e quella dei bus sono davanti allimbarcadero, mi
sono diretto a quella dei bus da dove ci sono coincidenze per tutto il Paese. La stazione
è fatiscente perché ledificio delle biglietterie è in ristrutturazione, così ci
sono tante Ho preso un biglietto per Ipoh, chiamata Città delle buganvillee, il viaggio di 173 chilometri è durato due ore, abbiamo percorso unautostrada liscia e ben tenuta che evitava il caos dei centri abitati, tutto attorno cera una vegetazione lussureggiante. Ho comprato un biglietto per le Cameron Highlands (da Ipoh ci sono due bus al giorno che fanno il percorso in due ore e trenta) e mi sono dedicato alla visita della città. Sono nello Stato del Perak, uno dei più ricchi e più antichi della penisola, le cui fortune sono dovute alla estrazione dello stagno. Qui vicino, nella valle del Kinta ci sono alcuni dei più ricchi giacimenti al mondo. Ipoh La città, con il suo mezzo
milione dabitanti è la seconda della Malaysia, popolata soprattutto dai cinesi di
Canton, molti dei cui progenitori lavoravano nelle miniere di stagno. Ledificio
simbolo della città è Oggi Ipoh è una città deserta, è domenica e tutti osservano la regola della festa dal venerdì alla domenica, fa caldo ed è aperto solo un Department Store. Allinterno ci sono soprattutto adolescenti e mi sembra di vedere i ragazzi che riempivano il Gurney Plaza di Georgetown, ho ordinato una ciotola di laksa. Ho poi ripreso a camminare per la città vuota. Visitare le città nei giorni di festa è disarmante, Ipoh sarebbe da vedere nei giorni feriali quando la vita commerciale è in pieno fermento, con le botteghe gestite da cinesi ed i negozi in stile coloniale: vedere tutto desolatamente chiuso è inappagante. Quando un posto ti piace e ti nutre demozioni, tutto il tuo ego ne beneficia, psicologicamente ed emotivamente sei in uno stato di grazia, quando invece il luogo è scarso demozioni, sia lo spirito sia il corpo ne risentono, e così, la città visitata in questo modo, mi ha trasmesso poco o nulla. Ho raggiunto una zona con alcuni bar nascosti da assi di legno sistemate alla bella e meglio, in prossimità dalcuni scantinati di grandi palazzi, gli avventori erano cinesi e cera qualche raro mussulmano. Erano serviti piatti della cucina cinese e la birra, versata nei bicchieri con laggiunta di ghiaccio, scorreva a fiumi. Le bottiglie ormai vuote, erano messe in bella mostra sui tavoli, come testimonianza di una competizione alcolica senza vincitori: si beveva la Tiger di Singapore, ma cera anche qualche bottiglia di Carsberg. Era triste, vedere tutti questi uomini che passavano la giornata festiva a bere birra con le gambe sotto il tavolo.
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