Le rappresentazioni hanno un
sottofondo musicale e la musica cresce
dintensità durante le scene più importanti:
ci sono suonatori di flauti in legno, xilofoni di bamboo, gong, tamburi, e dan bau, uno
strumento particolare fatto con la parte incava del melone. Le storie narrano di leggende
con draghi che sputano fuoco, unicorni e dellimperatore Le Loi che restituisce la
spada magica alla tartaruga doro del lago Hoan Kiem. Ci sono anche scene di vita dei
campi con bufali e pescatori che catturano pesci marionetta guizzanti, con le squame così
scintillanti da sembrare vivi. Lo spettacolo termina con i fuochi dartificio e una
danza di marionette schierate per due file che battono ritmicamente le mani, mentre ai
lati due marionette giganti, dopo avere fatto numerosi giri su se stesse, abbandonano la
scena. Ho cenato in un ristorantino con una ciotola di pho. Non avevo molta fame, ma avevo
bisogno di liquidi: mentre mangiavo pensavo che la minestra vada mangiata quando si è
ammalati. Alla mattina mi sono seduto in un bar a bere un cappuccino ghiacciato, il cafe
sua-da. Non si zucchera, perché sul fondo del bicchiere cè un dito di latte
condensato che non cancella il suo gusto deciso. E forte e amaro e possiede un aroma
intenso ed inebriante. Con un po dimmaginazione si potrebbe scambiare il
locale con un caffè parigino, affacciato su un boulevard della Ville Lumiere. Il garçon
che serve è un tuttofare: non indossa la camicia bianca e il farfallino, ma labito
di tutti i giorni. Mancano i tavolini in marmo e al posto delle auto Citroën e Renault ci
sono biciclette e donne con i cappelli conici. Per le strade passano i venditori di
giornali e di baguettes con i filoni croccanti ancora caldi e paste dolci gommose ed
indigeste. Mi chiedo cosa provino i tanti turisti francesi che affollano Hà Nôi e se
pensino allepoca coloniale: saranno permeati
dallorgoglio patriottico, dalla nostalgia per non avere vissuto quei periodi, dalla
malinconia per una grandeur che non tornerà più? Penso alla mia sfortuna per non avere
potuto vivere ai tempi dellIndocina coloniale. Non sono discorsi da imperialista, ma
da uomo affascinato da unepoca in cui i francesi costruirono palazzi e giardini
meravigliosi, che avrebbe voluto navigare su un sampan per la baia di Halong ed essere
ricevuto a Huè alla corte dellimperatore e vedere una Città Purpurea
Proibita non ancora distrutta dai bombardamenti americani. Nelle librerie ho cercato
a lungo una ristampa di una qualche vecchia guida francese, volevo visitare il centro di
Hà Nôi come un romantico sognatore sulle tracce di un passato ormai scomparso e non come
un backpaker dellanno 2002. Sono poi stato al Museo della Rivoluzione (Bao tang Cach
Mang), si trova davanti alla Torre della Bandiera (Cot Cò) ed è lultima
testimonianza delle fortificazioni distrutte dai francesi alla fine del diciannovesimo
secolo. Ogni sala del museo è imperniata su un fervido nazionalismo nel ricordo delle
epiche vittorie contro francesi e americani: i nemici (ennemi enemy) e i fantocci
(militien fantoche disguise). Cè una sala dedicata a Mai Thi Bui, la madre
di quattro figli uccisi in battaglia, è un simbolo, una specie di milite ignoto al
femminile, un tributo nei confronti delle madri che hanno perso i figli in guerra.
Leggiadre guide in Ao dai mostrano il museo a gruppi di reduci. Parlano in
gracchianti megafoni, il timbro metallico della voce e le sale buie e polverose
ingigantiscono la sensazione di un passato non ancora lontano.
In una sala si celebra la vittoria di Dien Bien Phu,
dove nel 1954, il generale Navarre, comandante delle forze francesi in Indocina, fu
sconfitto dai Viet Minh: è proiettato un filmato e sullo schermo compaiono immagini
sfuocate intrise di patriottismo. In altre, si celebra la vittoria sugli americani. Non
sono riuscito a completare la visita, perché alle 11.30, con precisione svizzera, hanno
chiuso il museo e mi hanno sbattuto fuori: il motivo era linizio della pausa per il
pranzo. I musei aprono dalle 8.00 alle 11.30 e dalle 13.30 alle 16.00. Chi mai visiterà
un museo alle otto di mattina? A mezzogiorno i ristorantini sono invasi dagli impiegati in
pausa pranzo ed è bello osservare questo rito collettivo che si consuma sotto i viali
ombrosi. Laria è calda e immobile e nei locali allaperto enormi ventilatori
mescolano laria e asciugano i vestiti. Ai tavolini delle birrerie invece siedono
solo uomini, hanno i calzoni tirati su fino al polpaccio, indossano pesanti occhiali con
lenti scure e ricordano i protagonisti di vecchi film sulla mafia cinese. Dopo avere
bevuto una spremute fatta con la canna da zucchero, mi sono fatto portare al museo
dellaviazione (Bao Tang Khong Quan). Sono esposti elicotteri, aerei da guerra e da
ricognizione di fabbricazione russa, utilizzati dalle forze vietnamite del Nord e alcuni
mezzi aerei catturati agli americani. Ci sono le foto dei piloti del Vietnam del Nord e il
nome di battesimo è sempre preceduto dalla parola eroe. Non mancano caschi, armi,
munizioni e radar, insomma è esposto tutto ciò che ha come tema gli aerei e
laviazione. Cè anche un MIG e con una scala si può entrare
nellabitacolo, sedersi ai comandi e farsi scattare una foto. Per un attimo,
immagino anchio di essere un eroe
dellaviazione vietnamita. Ci sono una moltitudine di negozi che vendono piatti,
ciotole, lacche, scatole in bamboo ed in midollino, sono belli e mi piacciono tutti. Per
ottenere il midollino occorre mettere in ammollo il bamboo, tagliarlo a listelli,
arrotolarlo e incollarlo con olio naturale. Per la laccatura invece, lo si ricopre con una
vernice trasparente rossa: lolio danacardi. In questi giorni ho comprato
qualche cosa, ma giorno dopo giorno, gli acquisti hanno raggiunto un ingombro bestiale e
sarò costretto a spedire tutto per posta. Entravo ed uscivo nei negozi che
fondamentalmente, vendono le stesse cose e giravo come una trottola senza acquistare
nulla. Facevo su e giù per le vie, ipnotizzato dalla confusione, dalla disposizione delle
merci e dalla luce che varia nelle diverse ore della giornata. Dopo qualche acquisto,
nauseato dalle lacche e dal bamboo, sono tornato al Camellia II. Per strada ho
mangiato una ciotola di pho e involtini primavera serviti con una salsa agrodolce, foglie
di lattuga e menta. La mattina successiva, sono andato alla sede centrale delle poste e ho
riempito uno scatolone con laiuto di un inserviente: sembrava di costruire un puzzle
e non era semplice farci entrare tutto. Alcuni oggetti come i vassoi, erano spigolosi e
fragili. Ho spedito il pacco per nave, il mezzo di trasporto più economico per i miei
tredici chili dacquisti. Tempo previsto per larrivo in Italia: dai due ai tre
mesi. In una pasticceria che si affaccia sul lago Hoan Kiem, ho fatto colazione con dolci
e caffè. Mi hanno portato un bricco dal quale scendevano gocce di caffè filtrato. Il
caffè lho gustato amaro, per conservare più a lungo il sapore forte e deciso. Il
dolce al cioccolato invece, era sublime, si sentiva il gusto del cacao che ti stordiva e
arrivava al cervello: non ero più abituato a sapori così dolci e sono finito in uno
stato sublimale da overdose da cacao. Con in bocca un sapore più dolce della frutta
candita ho visitato un centro commerciale specializzato in abbigliamento e scarpe. I nomi
delle marche ricordano lItalia e la Francia, ma la fattura è scadente e i modelli
retrò. Le persone vengono per fare quattro passi o per ritemprarsi con laria
condizionata, ma quando escono devono vedersela con le vampate daria calda che ti
avvolgono
ed è come se ti
puntassero addosso cento phon. I prezzi sono proibitivi e sembra che nessuno possa
permettersi di acquistare nulla. In questo Paese, nessuno è benestante o ricco nel senso
occidentale del termine e non esistono forme di consumismo. Non si butta via niente e si
ricicla a più non posso. La carta da giornale serve per avvolgere spiedini, baguettes e
involtini primavera. I cartoni, le lattine e le bottiglie vuote sono raccolti per essere
rivenduti: cè chi gira per le strade con grandi sacchi di juta e rovista nei bidoni
della spazzatura. Ho poi deciso di raggiungere la prigione di Hoa La che fu costruita dai
francesi nel 1896 e che dal 1964 al 1973 fu utilizzata per ospitare i piloti degli aerei
americani abbattuti. I Pow americani (prisoner of war) detenuti qui durante la guerra di
liberazione la soprannominarono Hà Nôi Hilton. Sulla mappa della città avevo
individuato lOpera Hilton, ma questo era lHotel della famosa catena
alberghiera, così ho fatto fatica per raggiungere la meta. Ho visitato il braccio della
morte con celle piccole ed anguste, lultima dimora dei prigionieri, prima di essere
ghigliottinati sotto la dominazione francese. Il linguaggio delle didascalie è crudo, si
parla di draconian custody regime o di régime drastique de
detention. Ci sono le foto che documentano il trattamento dei piloti americani
detenuti: sembrano in vacanza e hanno cibo e vestiti in abbondanza. Potevano incontrare i
giornalisti del Vietnam del Nord e andare alle funzioni religiose, questo per dimostrare
la disparità di trattamento tra i metodi degli invasori e quelli dei vietnamiti. Fa un
caldo disumano, oltre ad un kiem (gelato), ho mangiato anche i pezzi di ghiaccio della Bia
Hoi. La tappa seguente è stata al Museo delle donne (Bao tang phu nu Viet Nam), dedicato
al ruolo della donna nella società vietnamita: le tematiche riguardano la donna e il
lavoro, la famiglia, lo sport, il progresso e suo contributo nella lotta contro gli
invasori. La parte più interessante è stata lesposizione degli abiti tradizionali
delle diverse etnie. Alluscita, mi sono fermato a guardare oltre il cancello di una
scuola: i grandi cortili sembrano formicai, con centinaia di bambini che urlano, saltano,
giocano, ridono e si rincorrono, è un gran spettacolo e non puoi non fermarti a
guardare. Tutti indossano divise con pantaloni blu e
la camicia bianca con il fiocco rosso. Per richiamare in classe gli alunni non si suona la
campanella, ma il gong. Allora del tramonto le coppiette tubano sulle panchine del
lago Hoan Kiem, gli innamorati affittano barche a remi o stanno abbracciati sulle moto
parcheggiate allombra dei giardinetti. Le ragazze vietnamite sono snelle, possiedono
bei lineamenti minuti e difficilmente superano il metro e settanta daltezza. Pur non
avendo grandi disponibilità economiche, cercano di vestirsi con femminilità ed amano
scarpe sottili ed eleganti, non si truccano ed i lunghi capelli neri sembrano di seta.
Hanno una curiosa ossessione per il sole e non desiderano abbronzarsi, così, in sella a
moto o biciclette, indossano il cappello conico, lunghi guanti di colore beige che coprono
le braccia e un foulard attorno al volto. La mattina successiva sono andato al Kangaroo
Café, da qui partirà lescursione di tre giorni per la baia di Ha Long. Davanti ad
un the ghiacciato guardo i miei futuri compagni di viaggio che arrivano alla spicciolata.
Il viaggio di centosessanta chilometri verso la città di Haipong è durato tre ore, per
spezzarlo, ci siamo fermati ad una stazione di sosta dove si vendevano souvenir. In una
gran stanza male illuminata, cerano una cinquantina di ragazzine che ricamavano.