Nel settembre 2002 partendo da Hà Nôi, ho visitato la regione delle montagne, sono stato alla Baia di Ha Long, poi  giù verso il centro: Hue, Hoi An, My Son, fino a Da Nang.

VietnamDiario_1.jpgAl “check in” ero permeato da una sottile “ansia da bagaglio” perché avevo spedito lo zaino direttamente a Hà Nôi e a Bangkok avrò solo il tempo di cambiare aereo. Che fine faranno le mie cose? Si perderanno nei meandri del Don Muang o arriveranno all’aeroporto Noi Bai? Osservo le persone: la maggior parte torna dalle vacanze, calza sandali ed indossa abiti leggeri e colorati. Anche io sono vestito così, ma sto partendo: è bello pensare a questa non piccola differenza! L’incognita del viaggio è rappresentata dal tempo atmosferico. Fino alla partenza ho cercato informazioni, consultando “on line” i quotidiani elettronici del Paese, come il Nhandan (l’organo ufficiale del Partito Comunista), il sito dell’agenzia di stampa governativa Vietnamnews e l’Asiaobserver. A causa delle piogge torrenziali il delta del Mekong è allagato e il fiume ha raggiunto il “livello tre”. Sono segnalate frane con vittime nelle Highlands vicino a Dalat e nella zona di Lao Cai al confine con la Cina, ma sembra che le strade principali e le linee ferroviarie non siano interrotte. A causa delle condizioni atmosferiche potrei rivoluzionare il viaggio e introdurre qualche variante. Il bello di viaggiare individualmente sta in questo: ogni giorno è possibile cambiare itinerario e costruirne uno nuovo. Se viaggiassi in gruppo sarebbe impossibile, sarei vincolato ad orari ed a tappe prestabilite. Sembra che non esista una stagione ideale per visitare l’intero Paese: nord, centro e sud formano zone climatiche ben distinte. Al nord la stagione delle piogge va da maggio a settembre, da ottobre a marzoVietnamDiario_2 la temperatura si abbassa fino a dieci gradi, mentre tra gennaio e marzo cade una pioggia fine chiamata “pioggia di polvere” (mua bui) o “pioggia volante” (mua bay). Per l’elevata piovosità, è sconsigliato visitare il centro da aprile ad ottobre e tra dicembre e febbraio. Al sud invece piove da maggio a novembre, inoltre durante la stagione secca, da febbraio a maggio è caldo ed umido: qui il periodo migliore è fra novembre e gennaio. Non si riesce proprio a raccapezzarsi: allora che fare? Si potrebbe scegliere la stagione intermedia, che va da marzo ad aprile o da ottobre a novembre, anche se alcuni ritengono che non esista una stagione buona o cattiva, perché se una regione è umida e piovosa, ce ne sarà sempre un’altra calda e secca! A bordo del Boeing 737 ho avuto una piacevole sorpresa, sono stato invitato ad accomodarmi in business class, ma subito, un’hostess mi ha preso la carta d’imbarco ed è andata a consultarsi con uno steward. C’era stato un errore e l’equivoco era nato grazie al numero stampato sulla carta d’imbarco che non si leggeva bene, così non viaggerò seduto su enormi poltrone, riverito da uno stuolo di hostess dagli occhi a mandorla. La temperatura all’interno dell’aereo assomiglia a quella di un freezer e per cena, oltre ai noodles immangiabili e scotti, ci hanno servito dei panini ghiacciati che facevano venire i brividi. Tutto ciò fa parte delle tragicomiche esperienze alimentari del viaggiatore affamato. Mi veniva in mente il trattamento privilegiato riservato ai passeggeri di business class che con un po’ diVietnamDiario_3.jpg fortuna, poteva essere riservato anche a me. Ho iniziato a pensare a cosa mi sarei aspettato dalla visita del Vietnam: ho chiuso gli occhi e mi sono venute in mente tante immagini. Una marea di biciclette, motocicli, fruscii di ruote, caos infernale per le strade, contrattazioni febbrili per ottenere una ciotola di zuppa o un piatto di noodles al giusto prezzo, baguettes, templi immersi in nuvole d’incenso, risaie verdi, reminiscenze da regime ex sovietico, ritratti di Ho Chi Minh, uomini cortesi che indossano vestiti simili a pigiami neri, donne fasciate in impeccabili Ao – dai, contadini coi cappelli conici, tasche perennemente gonfie di Dong (la moneta locale), umidità soffocante e sudore. Dopo un sonno agitato ha iniziato ad albeggiare e in cielo resiste solo una stella: sotto di noi c’è un oceano di nubi che ricorda l’ovatta. All’orizzonte il cielo si è colorato di un bel blu pieno e pulito: sembrava un’alba da alta montagna. Guardare il sorgere del sole dall’oblò è sempre un’esperienza emozionante. Poi ci siamo tuffati nelle nubi e nel grigiore della mattina è apparsa la Thailandia, con i campi coltivati che dall’alto assomigliavano a tessere di un mosaico e fiumi e canali dal colore caffelatte esondati per via delle piogge monsoniche. Sull’aereo diretto a Hà Nôi c’era un sottofondo musicale New Age cupo e da meditazione, in sintonia con le poltrone, di un mala augurante colore viola. Dall’alto ti colpiva l’onda verde dei campi di riso, così perfetti da sembrare finti e simili a campi da golf. L’aeroporto Noi Bai è moderno ed efficiente, odora di nuovo ed è il regno del marmo scuro e dell’aria condizionata. Il bagaglio è arrivato in un battibaleno e il controllo passaporti è stato veloce: mi chiedo dove diavolo sono capitato perché mi aspettavo una disorganizzazione totale! Ho preso il minibus della “Vietnam Airlines” per Hà Nôi, l’autostrada a pagamento a quattro corsie è divisa da paletti in cemento bianchi e rossi. E’ dritta e ben asfaltata: due corsie sono per le rare macchine (per lo più taxi e auto VietnamDiario_4.jpggovernative di marca giapponese), le altre per moto e bici. Oltre la strada ci sono risaie e contadini al lavoro. A mano a mano che la città si avvicina aumenta il traffico, fino a diventare un fiume in piena che s’ingrossa a dismisura. Gli automobilisti suonano il clacson ma nessuno bada a loro perché sono in minoranza rispetto a moto e biciclette. I mezzi a due ruote ignorano i semafori, viaggiano contromano, tagliano la strada alle auto e si fermano solo se l’impatto sembra inevitabile. Ovunque regna l’anarchia e vige la legge del più indisciplinato. Mi sono fatto lasciare all’Hotel Camellia, ma non era il “Camellia II” dove volevo andare, così ho iniziato a chiedere indicazioni. La ricerca era difficile perché sapevo di essere nel vecchio quartiere e vicino alla meta. Ho fermato un cyclo – pousse (una ciclo carrozzella a pedali) e con meraviglia sono arrivato all’hotel dopo nemmeno cinquecento metri, scoprendo che i vietnamiti, pur di guadagnare qualche centinaio di Dong, offrirebbero i loro servigi anche solo per attraversare la strada! L’Hotel Camellia II era bello e si trovava in 31 Hang Dieu Street, nel cuore del vecchio quartiere. Sono andato ad organizzare l’escursione per la baia di Halong: mi ero informato leggendo molti report sul “The Thorn Tree”, la bacheca “on line” della guida australiana Lonely Planet, dove i viaggiatori si scambiano consigli e impressioni. Ho scelto l’escursione di tre giorni offerta dal Kangaroo Café, un’altra compagnia consigliata era l’Handspan. La maggior parte delle agenzie si trovano in Hang Gai Street, una via con bar, ristorantini e negozi. I nomi delle agenzie sonoVietnamDiario_5.jpg Sinh Café, Kim Café, Queen Café, Green Bamboo, Love Planet Café, ma in tutta la città ci sono una moltitudine di piccole agenzie licenziatarie rivenditrici dei tour. La concorrenza è spietata e visti i prezzi ridicoli assicuravo a tutti che sarei tornato l’indomani, perché non volevo dire di no a nessuno. Ho bevuto bia hoi (birra alla spina) e mangiato nem ran (involtini primavera fritti), bollenti, leggeri e croccanti, per nulla somiglianti a quelli untuosi, serviti nei ristoranti cinesi italiani. Erano avvolti in una sfoglia di riso trasparente fritta, ripieni di carne di maiale tritata, germogli di soia, foglie di menta e coriandolo, da accompagnare a una salsa piccante a base di pesce fermentato chiamata nuoc mam. Quest’onnipresente salsa che si ottiene dalla fermentazione delle acciughe e che non manca mai sulle tavole vietnamite, porrebbe essere paragonata al sale per gli occidentali o alla salsa di soia per i cinesi. Le salse migliori sono quelle dal colore chiaro, invece le stravecchie dal colore ocra e marrone, sono più scadenti. Al pomeriggio il cielo si è rabbuiato e in un men che non si dica ha iniziato a piovere a catinelle. La gente ha trovato riparo nei cappelli conici e negli impermeabili di plastica colorata leggeri come fogli di giornale, poi, quando ha smesso, ho ricominciato a camminare e sono arrivato al lago Hoan Kiem. E’ uno dei posti più caratteristici della città, famoso per la Torre delle Tartarughe e il ponte di legno rosso fuoco che porta al tempio Ngoc Son. Il nome Hoan Kiem, vale a dire “Lago della spada restituita”, deriva da una leggenda, una specie diVietnamDiario_6.jpg versione vietnamita di Excalibur. Durante l’invasione dei Ming del XV secolo, l’imperatore Ly Thai To (Le Loi) usò una spada magica scesa dal cielo. Il giorno successivo alla vittoria sui cinesi, un’enorme tartaruga d’oro se la riprese e scomparve nelle acque del lago. Nel 1968 fu ritrovata nel lago una testuggine di 250 chili con un’età tra i quattrocento e i cinquecento anni: sarà stata la stessa incontrata dall’imperatore? Sono poi stato al tempio Ngoc Son (Montagna di Giada), non è niente di speciale, ma il posto contornato dall’acqua e dagli alberi è piacevole e rilassante.

 

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