Mi ha consegnato
un bicchiere/sacchetto che nelle mie mani faceva su e giù come
uno In un battibaleno
loscurità ha inghiottito il Wat Phu ed è scesa la notte, nellaria continuano
a volare ed ad attaccarsi alle braccia degli insetti neri che provocano un solletico
fastidioso. Uno di questi è finito nel bicchiere della birra, con malavoglia mi sono
alzato in direzione dei locali da ballo. Manca lelettricità e poche bancarelle
possiedono gruppi elettrogeni, la maggior parte utilizza lugubri lumini a petrolio. Nel
tornare verso Champasak, ero così stanco che mi sono addormentato, nonostante la strada
sterrata e buche che facevano sobbalzare il taxi collettivo.
Allalba i galli hanno iniziato a cantare, poi è stata la volta delle urla di donne e bambini e della musica Lao, che già alle sette di mattina era irradiata a tutto volume. Ho fatto colazione al Dok Champa Restaurant, non si sono accorti della mia presenza per lungo tempo, non è un gran problema, a parte i brontolii dello stomaco. Sono andato al Wat Phu e ho iniziato a scattare foto, i soggetti maschili si fanno fotografare con entusiasmo e sembrano orgogliosi di mettersi in posa. Le bambine e le donne sono più restie, per eludere la diffidenza delle più piccole, basta un sorriso. Il sole picchia forte, verso mezzogiorno mi sono messo a dormire sotto un albero, davanti al vecchio padiglione in rovina, fatto costruire dallultimo Re del Laos, Savang Vatthana per vedere il Festival. Allarrivo dei comunisti, il Re e la sua famiglia furono internati in un campo di rieducazione dal quale non uscirono vivi. Ho ricominciato a fotografare, mi concentro sui volti delle persone e bevo Mirinda colore verde smeraldo, mi sa che mi piace proprio! Sono salito al secondo livello del Wat, oggi le schiere di pellegrini che offrono fiori ed incenso alle varie divinità, ai naga e ai resti delle statue Khmer, formano un serpentone incessante ed osservo la loro gestualità. Il loro modo di pregare è pacifico, quando si accostano alla preghiera è come se lo facciano educatamente, senza volere disturbare nessuno, nellaria è onnipresente lodore dellincenso. Talvolta mi addentro nelle
rovine del tempio, tocco le pietre nere in laterite od in arenaria, mi colpisce il modo in
cui scottano.
Forse è azzardato venire a Champasak per il Wat, se non si ha uno spiccato interesse per larte Khmer, ma la visita in occasione della festa è unottima cosa. La luna sta sorgendo, le lunghe ombre degli alberi di frangipane simpossessano dei resti del Wat, il nero della laterite contrasta e si fonde con il cielo che continua a scurirsi sempre più e un colore azzurrino rende latmosfera un po irreale. Nellaria risuonano le risate dei bambini e a questi rumori trasportati dal vento, si mischia la musica delle sale da ballo allaperto. Molti Lao sono venuti per partecipare alla festa: quando scambi qualche parola, ti chiedono perché sei venuto al Wat Phu e cosa pensi del loro Paese, se sei sposato e se hai figli. Il discorso si potrebbe complicare quando ti chiedono se ritieni che il Laos sia un Paese povero, a quanto ammonta il tuo stipendio e qual è il costo del biglietto aereo per venire qua. Luomo con cui parlavo, un impiegato statale, guadagnava dodici dollari il mese. Sono sceso verso la spianata della festa e sono entrato in un ristorantino, il
proprietario si è presentato come maestro elementare, parlava un po di francese e
ho rinverdito le mie conoscenze nella lingua di Voltaire. Ho ordinato una Beerlao, anatra alle verdure, pollo in brodo e riso
agglutinato, il famigerato stiky rise che odio da impazzire. Talvolta penso
alle comodità e allabbondanza della vicina Thailandia, al suo cibo squisito ed alla
necessità di adattarsi a questo Paese, ma se il Laos fosse la Thailandia perderebbe gran
parte del suo fascino. Mi sono intrattenuto ancora un po ad osservare i padiglioni
della festa, tutto come ieri è immutabile e le scene si ripetono come da
Molti Lao sono attratti dai giochi dazzardo: cè una specie di roulette, ma al posto della pallina e dei numeri, cè un aereo che gira e che si ferma in uno dei settori colorati che compongono il tabellone, cè il gioco delle freccette, quello dei barattoli da buttare giù con tre palle e quello dei cerchietti, dove occorre centrare le bottiglie di Pepsi Cola, i vincitori ne ricevono una in premio. E superfluo ricordare che il banco vince sempre. Nellaria cè una terribile cacofonia di suoni provocata dai complessi che suonano musica Lao dal vivo, cè anche un gruppo di danzatrici tradizionali che muovono sinuosamente braccia e mani, ricordano le apsara, ma il sottofondo musicale è monotono: i suoni assomigliano a quelli di uno xilofono. Sono poi tornato verso Champasak, alla Guest House ho ordinato un frullato alla frutta. I ritmi dattesa sono lunghissimi, dopo avere conquistato il mio fruit shake sono andato a dormire. L'l'indomani allalba
ero già in piedi, perché oggi, in occasione della Magha Puja (Makkha Bu
Saa) vale a dire il plenilunio di febbraio, che commemora il discorso fatto dal
Buddha davanti a 1.250 monaci ai quali il Maestro parlò delle regole monastiche e della
propria morte, ci sarà una gran cerimonia religiosa nella quale i fedeli offriranno ai
monaci cibo, incenso, fiori e denaro. Questa festa è rinomata anche per gli avvenimenti
di contorno: combattimenti fra galli e fra bufali, gare di velocità fra elefanti, regate
di barche sul Mekong e incontri di box Thailandese, però non cera nulla di tutto
ciò. Ho preso un taxi collettivo, facendo il viaggio aggrappato al paraurti posteriore: ero infreddolito per laria frizzante. Arrivato al Wat, la via principale daccesso al tempio era stipata da pellegrini seduti a gambe conserte ed in serena attesa, centinaia di persone ordinate per due lunghe file davanti alla spianata che porta al Wat, tutte nellattesa del passaggio dei monaci dalle tonache colore zafferano. Ogni persona aveva con se qualche cosa, le offerte erano collocate in enormi vasi argentati, tutti scolpiti, le cui forme ricordavano i calici utilizzati dagli antichi Greci per brindare. I fedeli offrivano un po di tutto: palle di riso agglutinato, denaro, fiori, incenso, merende al cioccolato, biscotti e frutta. Latmosfera era quieta, tutti erano assorti
e concentrati nellattesa che la processione avesse inizio: era emozionante guardare
questa gente, ne ho approfittato per scattare qualche foto, tutti mi sorridevano e non
mostravano disagio per gli scatti selvaggi che continuavo a fare. I monaci
erano seduti sui massi neri di laterite e aspettavano il segnale per iniziare la
processione. Quando è partita, i monaci ed i novizi hanno iniziato a camminare lentamente
tra due ali di folla, tutti tenevano in grembo il contenitore utilizzato all'alba, durante
la questua giornaliera. Erano una sessantina disposti su due file, il popolo ha iniziato
ad agitarsi ed ad attingere a piene mani dalle offerte che aveva con se,
ognuno voleva offrire qualche cosa, affinché nessuno rimanesse senza doni. I monaci
cercavano di arginare la foga dei fedeli con gesti e sorrisi, tutti volevano donare con
entusiasmo, i più intraprendenti avevano intere scatole di merende o di biscotti.
Per contenere questi assalti da donazione e per raccogliere le offerte, cerano persone fornite di grandi sacchi di juta: quando il contenitore era pieno, i monaci interrompevano il cammino e versavano dentro il contenuto alla rinfusa. Dentro i sacchi cerano tante cose: palle di riso agglutinato, confezioni di biscotti, banconote e frutta. Solo i fiori e le ghirlande non erano conservati. La cerimonia della questua è durata più di unora, nel corteo oltre ai monaci cera una varia umanità: gli aiutanti che trascinavano a fatica i sacchi, operatori della Lao TV e fotografi. Quelli ufficiali dei giornali locali e quelli che scattavano foto a pagamento, per ritrarre i fedeli nel momento in cui facevano le offerte, familiari dei fedeli che immortalavano i parenti nellatto della donazione, stranieri che si mischiavano alla folla dei locali (me compreso) per ritrarre le fasi della performance monacale. Monaci e fedeli non sembravano turbati da questo caos primordiale, erano come superiori. Quando i monaci hanno terminato il loro percorso, la folla si è dissolta in un battibaleno, lasciando sul terreno o meglio, sul campo di battaglia sacchetti e scatole di cartone. Era unimmagine simile a quella degli spalti deserti di uno stadio, dopo una partita. Ho deciso di abbandonare Champasak, ero sazio demozioni e non volevo rimanere anche oggi, la gente era diminuita, provavo solo rincrescimento per non assistere alla cerimonia della sera: una processione dei monaci con le candele attorno al Wat. Sono tornato alla Guest House, ho pagato il conto per le due notti trascorse e sono andato a Ban Phaphin per attraversare il Mekong.
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