Ho annunciato con
un e-mail agli amici limminente partenza: Come al solito, durante le mie peripezie
sud est asiatiche ci possiamo tenere in contatto, domani si parte! Da Ko Pha-Ngan, da Ko
Tao o da Ko Samui non ci saranno problemi, invece dal Laos del Sud sarà difficile mandare
e-mail! L'otto febbraio 2001 si terrà in Laos il Wat Phu Champasak Festival,
una festa religiosa che dura tre giorni, in occasione del plenilunio del terzo mese
lunare. Al tempio Khmer, dovrebbero confluire migliaia di pellegrini, sia dal Laos del Sud
sia dalla Thailandia del nord est, come mancare? Se sopravvivrò ai festeggiamenti, che
comprendono combattimenti fra galli e bufali, gare di velocità fra elefanti, regate di
barche sul Mekong e robuste bevute di un intruglio alcolico chiamato lao-lao,
navigherò sul Mekong fino alle "Quattromila Isole" al confine fra Laos e
Cambogia, dove ci sono i delfini d'acqua dolce. In Thailandia visiterò templi Khmer: Khao
Phra Wiharn, Wat Phimai, Prasat Phnom Rung e Muang Tham, ma forse, introdurrò qualche
variante.
La notte è passata veloce, in certi momenti laria era
umida ed il corpo era tutto appiccicaticcio, in altri cera una certa frescura e ho
anche dovuto usare le coperte: alle cinque e mezza il treno è arrivato ad Ubon
Ratchatani. Che strano pensare ai giorni passati. A Ko Samui a questora ero ancora
sveglio, qui sta iniziando una nuova giornata. In taxi mi sono fatto portare alla stazione
dei minibus, sono salito su una specie di bus camionato, o meglio, un
camioncino trasformato in bus, in direzione di Phibun Mangshan e Chong Mek. Entrambi i
percorsi sono durati meno di unora, non ho fatto in tempo a scendere dal primo
camion/autobus che sono salito sul secondo, senza avere un attimo di riposo e
soprattutto, impossibilitato a saziare la mia fame crescente. Ben presto ha iniziato a
fare giorno giorno, il sole è diventato una rossa palla di fuoco che lentamente è salita
in cielo, laria è fresca ed io sono in maglietta, i Thai invece sono vestiti con
giacche o maglioni, addirittura, cè chi indossa un passamontagna.
A Chong Mek ho camminato fino al posto di frontiera, la strada era sbarrata da transenne di legno e dal filo spinato, non avevano ancora aperto i varchi e mi è toccato scavalcare per arrivare al controllo passaporti. Avevo il visto per il Laos perché al confine è impossibile ottenerlo, a Bangkok lavevo avuto allambasciata in tre quarti dora. Ogni Stato aveva una tariffa personalizzata: i cittadini dei paesi dellex blocco sovietico erano quelli che pagavano meno, quelli dei paesi industrializzati pagavano quasi tutti la stessa cifra, mentre i canadesi erano quelli che pagavano di più. Non ho visto nessuna corriera, così mi sono autoinvitato a salire su un camion che era diretto a Pakse (44 km), il mezzo era sgangherato e dal cofano motore saliva un caldo insopportabile che ha reso il tragitto una sauna. La strada era stata appena riasfaltata ed era tenuta in modo impeccabile, la vegetazione invece era brulla e bruciata dal sole. In tre quarti dora siamo arrivati a Pakse, ho rincorso un
camion/autobus che mi ha portato a Ban Muang, dove abbiamo attraversato il
Mekong con una chiatta. Il traghetto è tenuto assieme da vecchie assi e ti chiedi come
riesca a navigare, lacqua del fiume sembra pulita e non ha quel colore marrone e
inquietante, tipico dei mesi del monsone. Sulla barca cè tanta gente: venditori di
cetrioli, di frutti dellalbero del tamarindo e di pollo arrosto, tutti indossano i
cappelli conici che sanno tanto di Vietnam. Ti colpisce il passaggio dal Siam al Laos,
sembra che tutto vada al rallentatore, tutto è più slow, sembra di essere
catapultati in unaltra dimensione. Con un sidecar sono arrivato a Champasak, mi sono
fatto lasciare a Funtain Circle, una piazza che sorge nel nulla, dove
cè la maggior parte delle Guest House, Ho trovato alloggio alla Saythong Guest House, la stanza è indecente, ma va bene così, sono venuto a Champasak per la festa, non per avere una stanza cinque stelle! Sono stanco, ma ho troppo voglia di andare al Wat Phu e ho fame. Ho comprato una Beerlao e ho mangiato quello che avevo nello zaino, spazzolando tutto con avidità, poi non ancora contento, ho acquistato del pollo arrosto, o meglio, ossa di pollo arrosto, per lesigua quantità di carne. Quando ho deciso di salire in stanza, la figlia della proprietaria aveva dato ad altri il mio giaciglio, ormai erano rimaste solo camere di livello superiore, così ho ferocemente contrattato per averne una nuova, facendo scendere il prezzo. Di positivo, cera un gigantesco ventilatore a pale, per il resto preferivo la precedente. Nel bagno non cera lavabo, ma solo un rubinetto, gli schizzi finivano sul pavimento e rimbalzavano sulle gambe, tutto lambiente era umido e puzzava durina. Quando ho aperto lacqua, mi è rimasto in mano il rubinetto e un getto potente di H2O si è riversato sui pantaloni. Sono riuscito a riparare al danno, la scena ricordava quelle che si vedono nei fumetti di Walt Disney. Ho tentato di fare la barba, perché erano due giorni che non mi radevo: in bagno non cera lo specchio e dovevo fare la spola con la stanza da letto. Ho afferrato al volo il primo taxi collettivo e sono andato al Wat Phu, ero lultimo passeggero e stavo in piedi aggrappato al paraurti, proprio come stamattina, nel viaggio verso Champasak. Wat Phu Champasak Arrivato al Wat sintravedevano le prime avvisaglie della festa, cerano bancarelle che
vendevano Wat Phu significa Tempio Montagna, si trova ai piedi del Lingaparvata (Montagna del Linga) ed è risalente al quinto secolo Dopo Cristo. La scelta di questa posizione non è causale, è dovuta alla forma della montagna che ricorda un linga e alla sorgente sacra dove era stato collocato il Bhadreshvara linga. Questo culto è stato scoperto grazie ad unepigrafe che diceva che presso la capitale di Tchen-la, cera una montagna chiamata Ling-kia-po-p'o (Lingaparvata), alla cui sommità si trovava un tempio difeso da mille soldati e consacrato ad uno Spirito di nome P'o-to-li (Bhadre[çvara]) cui erano fatti sacrifici umani, ogni anno il Re ne faceva almeno uno. Il complesso ed il perimetro del tempio sono molto vasti, ma purtroppo
del Wat, che si sviluppa su tre livelli, rimane poco. Il primo si caratterizza per la via
di accesso contornata da naga
(serpenti dacqua a sette teste) e da leoni di pietra, a destra ed a sinistra ci sono
due baray (laghi artificiali) ormai
prosciugati, al secondo livello ci sono i resti di due costruzioni in arenaria, una per la
preghiera degli uomini e una per le donne. Il padiglione di destra è il meglio
conservato, sulle architravi e sopra le porte dentrata ci sono sculture e
bassorilievi Hindu risalenti al periodo precedente alla venuta dei Khmer.
In cima alla collina, si gode una vista mozzafiato sulla pianura e sul Mekong. Accanto al santuario dedicato alla Trimurti (Shiva, Vishnu e Brahma) cè una sorgente considerata sacra dai Cham che ritenevano che questacqua purificasse lanima. Esisteva un sistema idraulico che portava lacqua dalla grotta dove sgorgava, fino al santuario principale, dove era conservato il linga di Shiva, loggetto sacro per eccellenza che rappresentava il Re, assimilato a Dio. Ho camminato tra la rovine del tempio, osservando il flusso dei devoti che offrono fiori ed incenso alle varie divinità. Ci sono venditori di ghirlande con fiori bianchi, rossi ed arancioni, di bibite e di bastoncini dincenso: tutti lavorano gli uni a fianco degli altri, apparentemente senza spirito di concorrenza. Il monopolio della vendita dei fiori è dei bambini che costruiscono con abilità ghirlande e composizioni floreali, alle quali legano due bastoncini dincenso. Questi fiori bianchi e profumati chiamati Cham flower, sono il simbolo dei Cham, gli antichi abitanti della regione. Sopraffatto dalla sete, ho bevuto una Mirinda dal colore verde smeraldo, credo che il sapore dovesse ricordare quello della menta, ma sapeva di chewingum! La venditrice ha preso un sacchetto di plastica, ha versato dentro il ghiaccio con la Mirinda, infilando una cannuccia e facendo un nodo con un elastico.
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