Molte bancarelle
vendevano scarafaggi vivi o fritti, Alla mattina, lungo la riva del Mekong era
giorno di mercato. Era la fotocopia di quelli visitati nei giorni passati, con malavoglia
ho dato unocchiata, poi ho preso un bus per Ban Siwilai (25 chilometri) e da lì mi
sono incamminato, facendo lautostop, verso il Wat Phu Thawk (montagna solitaria) che
dista altri 20 chilometri. Non cè un regolare servizio di pullman, fortunatamente
un furgone mi ha dato un passaggio e mi sono seduto nel cassone. Il paesaggio è secco e
brullo, si vedono pochi contadini al lavoro e qualche mucca al pascolo, i campi di riso
invece, non sono ancora coltivati. Siamo nella stagione secca e non esistono sistemi
dirrigazione, così si aspetta larrivo delle piogge per iniziare la semina.
Questa campagna dai colori biscotto, ocra, marrone e rosso ruggine mi accompagna
dallinizio del viaggio: solo lungo le sponde del Mekong predomina il verde. Il
viaggio continua in questa Thailandia agricola che non ti aspetti, popolata da gente
semplice Ho guardato allinsù verso la montagna, verso il Wat costruito su un monolito che domina la pianura piatta: da lontano assomiglia ad una torre di Babele e per arrivare in cima cè un percorso a spirale. Si sale per ripide scale di legno e pietra e si cammina su passerelle tenute assieme da assi traballanti, sotto di noi cè il vuoto. Sembra di stare a mezzaria, le assi scricchiolano, alcune sono schiodate e non è bello guardare sotto, le mani sudano e ci si sente a disagio, vado avanti, ma a fatica. Ti colpisce la foresta, ti sorprendono le enormi radici, le liane, il bamboo e la vegetazione tropicale, laria è impregnata dellodore dei fiori e si suda. Si incontrano sette stazioni, che rappresentano i sette livelli dilluminazione della psicologia buddista. Ad ognuno corrisponde un tempio, un altare o un luogo per raccogliersi in preghiera. Più si sale, più aumenta il senso di frescura, perché si percorrono cunicoli avvolti nella penombra. Sincontrano anche le case in legno dei monaci eremiti, li invidi per il panorama, non certo per la mancanza delle comodità terrene. Qui viveva il famoso Maestro Ajaan Juan che perì in un incidente aereo mentre si recava a Bangkok in occasione del compleanno regina Sirikit: dopo la sua morte iniziò a serpeggiare, fra i discepoli, la credenza che la regina fosse portatrice di sfortuna. Sono tornato a Beung Kan grazie su un furgone pik up adibito a scuolabus, i bambini, nonostante gli scossoni, dormivano gli uni sulle ginocchia dei compagni, il maestro invece voleva parlarmi, ma si esprimeva in Thai, così la conversazione si è limitata ai convenevoli. Nong Khai Ho preso un autobus per Nong Khai, 185 chilometri e poco più di due ore
di viaggio. Sono sceso al Sala Kaew Ku, chiamato anche Wat Khaek, un parco creato nel 1978
grazie alla selvaggia immaginazione del Venerabile A Nong Khai ho trovato una stanza alla Mut Mee Guest
House, davanti al Mekong Allalba, i miei due compagni di stanza, un tedesco e una russa si sono svegliati, ho
abbandonato la ragazza russa che faceva Tai chi
davanti al Mekong, per raggiungere il Wat Pho Chai, il tempio più famoso di Nong Khai,
con la facciata bianca e il tetto rosso e dorato che luccicava per il tanto sole.
Allinterno ti colpivano il grande spazio vuoto, le pareti affrescate con scene della
vita del Buddha, feste e processioni. A fianco del Wat ho visitato il mercato, era mattina
presto e cera gran fermento, a questora la gente comprava soprattutto cibo: ti
colpivano i grandi pesci di fiume che boccheggiavano nelle vasche dalluminio. Alcuni
uomini facevano colazione con untuosi dolci di forma rotonda o quadrata che inzuppavano
nel the o caffè, Vientiane In tuk tuk mi sono fatto portare al Ponte dellamicizia che scavalca il Mekong e segna la frontiera tra Laos e Thailandia, è del 1994 e misura 1174 metri. Qui si può ottenere il visto dentrata, in tutti gli altri posti di confine, occorre averne già uno. Sbrigate le formalità, sono arrivato a Vientiane, la capitale che dista 22 chilometri. Dopo essermi accasato alla Khamvongsa Guest House, centrale e a due passi dal Mekong, ho noleggiato una moto. Avere una moto a disposizione si è rivelata una scelta azzeccata perché la giornata è calda, i piedi fanno male e ci si può spostare a piacimento senza fare fatica. Vientiane è grande poco più di una cittadina e le attrattive non sono tante, dopo un po inizi a chiederti cosa ci sei venuto a fare. La risposta, sta nel sorseggiare una Beerlao, bevuta in un bicchiere prelevato direttamente dal freezer e nel mangiare una delle migliori baguette di tutto il sud est asiatico. Qui cero già stato, mi ricordavo le strade da percorrere e cosa visitare:
sono andato a Patuxai (larco di trionfo), al Pha That Luang (il Wat più sacro di
tutto il Paese) ed al Wat Si Saket, dove era custodito il Buddha di Smeraldo che adesso si
trova al palazzo reale Bangkok. Ho camminato lungo i corridoi del Talaat Sao, il gran
mercato coperto a forma di pagoda con i tetti verdi, ubicato nei pressi della stazione dei
bus, poi sono andato in riva al Mekong. Il fiume è in secca, ci sono grandi pozze, dove
nuotano i bambini e spiagge sabbiose e sassose utilizzate per giocare a calcio. Si cammina
nel letto del fiume per qualche centinaio di metri senza incontrare Nel centro di Vientiane, lungo il Thanon Fa Ngum, la strada che costeggia il Mekong, tutte le sere alcuni intraprendenti laotiani simpossessano del marciapiede e appontano una fila di tavolini per lora della cena. Si tratta di ristorantini alla buona e nellaria cè un invitante odore di pesce arrosto. Allora del tramonto ne ho approfittato. Sul tavolo sono comparsi involtini di carne avvolti nelle foglie di banano, allapparenza, potevi pensare che uno solo poteva bastare, ma quando lo scartavi, vedevi che era minuscolo ma anche così piccante da risultare immangiabile. Linsalata di papaya e le palle di riso fritto risultavano più appetitose, ma il palato, di fronte a questi sapori piccanti implorava pietà. Sono poi stato al mercato notturno: gli acquisti più gettonati erano il pollo fritto ed i dolci. Il cibo sempre uguale, il male ai piedi e la stanchezza per il sole ed il caldo mi avevano debilitato, così sono andato a dormire. Alla mattina, ho visitato il Wat Si Saket, il più vecchio
tempio della città, lunico risparmiato dallinvasione dai Siamesi del 1828.
Dopo avere fatto su e giù con la moto per le vie di Vientiane, ho mangiato
lultima baguette e bevuto lultima Beerlao, poi ho preso un minibus verso la
Thailandia. Alla frontiera ci sono un sacco di Duty Free che vendono sigarette
e vini francesi e cinesi. In unora e ½ sono tornato a Nong Khai, era pomeriggio e
si soffriva per la canicola. Sono andato a farmi fare un massaggio tradizionale
thailandese e dopo due ore di manipolazioni dure ed energiche mi sono sentito rigenerato.
Ho cenato con un gran pesce del Mekong cotto sulla brace e ricoperto di sale che sembrava
un fossile
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